domenica 28 febbraio 2010

Democrazia 2

Vivere un ideale in modo estremo è una scelta sterile, anche se l'esaltato si sente avvolto in una dimensione eroica.
I cultori del "tutto o niente" qusi sempre si ritrovano in un eroico niente.

Per non parlare dell'eroismo premeditato, pericolosissimo.
L'eroe, infatti, cerca la morte che lo consacri.

Virando in politica, mi piace molto quello che mi ha detto Gustavo Zagrebelsky - ex presidente della Corte dei Conti - poco tempo, quando abbiamo parlato di poltica.

"La Democrazia non ha bisogno di atti eroici per funzionare, ma di normalità. Ovvero di persone che ogni mattina si alzano e fanno il loro dovere, nel rispetto degli altri".

Coro

Molti si vantano di essere fuori dal coro.
In realtà, ci stanno lo stesso, ma sono stonati.

domenica 21 febbraio 2010

Finirà

"Quando finirà? ci chiedavamo noi giovanissimi antifasciti. Perché tutto inizia e tutto poi ha una fine, è nelle cose. E quindi anche il Fascismo dovrà finire, ci dicevamo".

Il mio anziano amico cercava d'incoraggiarmi così, quando gli dicevo che il berlusconismo mi sembrava durasse da un'eternità.

"Guarda, quando si seppe che il Fascismo era finito, ci fu un casino enorme, ma sembrava che l'Italia avesse vomitato il boccone avvelenato che girava nella sua pancia da vent'anni. Eravamo stravolti, ma finalmente liberati da quel peso.
"Vedrai, anche il berlusconismo finirà. L'italia dovrà vomitare ancora, magari senza quelle violenze, ma con conati e dolore di chi l'ha sostenuto e invece di punirsi per l'errore, proietterà la sua frustrazione nel rifiuto del suo modello e alla fine si libererà.
"Ci si arrende quando ci si adegua. Noi non abbiamo mai considerato normale il fascismo. Ecco, è questo il segreto per resistere: neanche adesso dobbiamo considerare normale questo berlusconismo. E vedrai che finirà".

Franco, io non m'adeguo. Come hai fatto tu per tutta la vita.

domenica 14 febbraio 2010

Tra le nuvole (film)

Ryan (Clooney) è un sicario aziendale di lusso: comunica i licenziamenti ai dipendenti per conto di grandi aziende. E siccome c'è la crisi, viene mandato da un capo all'altro degli USA per "tagliare teste".

Il suo cinismo e l'uso accurato di parole anestetiche per dare la peggiore notizia che un americano vorrebbe apprendere, ne fanno un professionista molto ricercato.

Il montaggio è micidiale e la sequenza delle reazioni dei dipendenti nel sapere che sono stati licenziati prende lo stomaco. "Dopo 26 che lavoro qui, non mi potete fare questo... Come lo dirò ai miei figli... Che ho fatto di sbagliato?..."

Sì, è un film. Ma a me vengono in mente i lavoratori del Sulcis, della Fiat, quelli sui tetti, i cassaintegrati, i ricercatori della Glaxo. E m'irrigidisco sulla poltroncina.

Ryan si vede con una donna, Alex. Anche lei sempre in giro per lavoro. Quando le loro rotte s'incrociano, fanno l'amore in albergo. Ma niente di più: libero lui, libera lei.
La citazione di Lost in translation non è evidente, ma la destrutturazione "alberghiera" del contesto è simile.

Una nuova assunta, la giovane Anna, sembra più cinica di lui. E propone al capo comune di dividere il lavoro per zone, facendo paventare a Ryan che non andrà più così spesso in aereo, ormai l'unico luogo dove si senta a casa.
La competizione li contrappone, ma il capo li abbina, costringendolo a farle da istruttore.

Il matrimonio della sorella, costringe Ryan a ritornare a casa. Allora propone ad Alex di accompagnarlo, quasi per resistere meglio insieme allo squallore della situazione.

La festa nuziale sembra fallire per un imprevisto, ma Ryan lo risolve brillantemente, ricevendo affetto e riconoscenza dalle sorelle, che per quel gesto lo ritrovano come fratello.

Quella parentesi di "normalità" però, s'insinua nell'orologeria perfetta del suo cinismo e inizia a sfasarlo. Finché, nel mezzo dell'ennesimo convegno motivazionale, Ryan sente perfettamente il primo "vuoto d'aria" della sua vita, molla tutto e corre da Alex senza neanche preavvisarla.

Il film - già con un ritmo incalzante - da qui inizia a correre, a precipitare.
E lui - che pensava che un buon lavoro fisso potesse rendere eccitante una vita precaria - si trova all'improvviso licenziato affettivamente da Alex. Proprio quando pensava a lei per fermarsi, finalmente.

La carrellata dei licenziati che confidano quanto l'amore dei loro cari sia stato importante per sopravvivere al trauma della perdita del lavoro è la parte più bella del film. Bastava un grammo in più per andare sul sentimentale e invece tutto è perfettamente credibile, con dialoghi e volti "veri", da candid camera.

Qui avviene il ribaltamento completo dei significati: Ryan, il bello che volando ha accumulato 10 milioni di miglia, viene risucchiato nella sua solitudine, ormai non più scelta, ma subita; gli impiegati licenziati non hanno più il loro lavoro, ma la rete di affetti che li circonda, li protegge e fa sentire loro che c'è ancora un senso nella loro vita.

Come dire: sei già importante, se hai qualcuno che la sera ti aspetta a casa.
Una rivoluzione nella cultura americana. Ma è solo un film.
Anche se girato con ironia e con una pregevole colonna sonora.

sabato 6 febbraio 2010

Laila



Laila stira e piange.

Che succede?.. perché piangi? faccio entrando in cucina.
"E' da ieri pomeriggio che mi viene da piangere.. io ormai ho 40 anni e non ho figli... non ho una familgia.. e tra poco sarò vecchia e non potrò più avere figli..."

Laila sta con noi da parecchio tempo, è del Marocco, seria e perfezionista. Deve pulire come dice lei, perché per lei fare le cose bene è un onore.
"Ieri sono tornata a casa e ero sola. Ho cucinato qualcosa anche se non avevo fame. Mi sono addormentata sul divano con un peso di tristezza qui, sullo stomaco... Io sono stata fortunata, lo so. Ho una casa, un lavoro, il mio preziosissimo permesso di soggiorno..."

Laila calmati dai, non piangere. Ti faccio un thé caldo..
"...ma poi non trovo il senso di tutti questi miei sacrifici, perché non ho figli".
Ecco, bevi..

"Ma io lo so che devo fare... (mi preoccupo di qualche idea insana) devo telefonare ai miei parenti del Marocco e farmi combianre un matrimonio, poi vado giù e mi sposo".

Così?... senza conoscere prima il tuo futuro marito?.. senza amarlo?
"L'amore viene con il tempo. Anche i miei genitori non si conoscevano quando le loro famiglie si sono accordate per farli sposati, eppure sono stati insieme per tutta la vita. L'importante che il marito lavori e dia i soldi alla famiglia. Se il marito è bravo, la famiglia è serena".

E la moglie?
"Le donne sono sempre brave, faticano sempre. Da piccole, per la loro famiglia; da grandi, per la loro nuova famiglia. Dalla mattina alla sera, senza mai lamentarsi".

E sono felici?
"La felicità è una cosa stupida. La cosa importante è essere in pace. Sapere che tutto quello che fai ha un senso. Ed è importante anche essere in compagnia di altre donne. Noi diciamo che la compagnia è una consolazione: si dice anche qui in Italia?"