domenica 14 febbraio 2010

Tra le nuvole (film)

Ryan (Clooney) è un sicario aziendale di lusso: comunica i licenziamenti ai dipendenti per conto di grandi aziende. E siccome c'è la crisi, viene mandato da un capo all'altro degli USA per "tagliare teste".

Il suo cinismo e l'uso accurato di parole anestetiche per dare la peggiore notizia che un americano vorrebbe apprendere, ne fanno un professionista molto ricercato.

Il montaggio è micidiale e la sequenza delle reazioni dei dipendenti nel sapere che sono stati licenziati prende lo stomaco. "Dopo 26 che lavoro qui, non mi potete fare questo... Come lo dirò ai miei figli... Che ho fatto di sbagliato?..."

Sì, è un film. Ma a me vengono in mente i lavoratori del Sulcis, della Fiat, quelli sui tetti, i cassaintegrati, i ricercatori della Glaxo. E m'irrigidisco sulla poltroncina.

Ryan si vede con una donna, Alex. Anche lei sempre in giro per lavoro. Quando le loro rotte s'incrociano, fanno l'amore in albergo. Ma niente di più: libero lui, libera lei.
La citazione di Lost in translation non è evidente, ma la destrutturazione "alberghiera" del contesto è simile.

Una nuova assunta, la giovane Anna, sembra più cinica di lui. E propone al capo comune di dividere il lavoro per zone, facendo paventare a Ryan che non andrà più così spesso in aereo, ormai l'unico luogo dove si senta a casa.
La competizione li contrappone, ma il capo li abbina, costringendolo a farle da istruttore.

Il matrimonio della sorella, costringe Ryan a ritornare a casa. Allora propone ad Alex di accompagnarlo, quasi per resistere meglio insieme allo squallore della situazione.

La festa nuziale sembra fallire per un imprevisto, ma Ryan lo risolve brillantemente, ricevendo affetto e riconoscenza dalle sorelle, che per quel gesto lo ritrovano come fratello.

Quella parentesi di "normalità" però, s'insinua nell'orologeria perfetta del suo cinismo e inizia a sfasarlo. Finché, nel mezzo dell'ennesimo convegno motivazionale, Ryan sente perfettamente il primo "vuoto d'aria" della sua vita, molla tutto e corre da Alex senza neanche preavvisarla.

Il film - già con un ritmo incalzante - da qui inizia a correre, a precipitare.
E lui - che pensava che un buon lavoro fisso potesse rendere eccitante una vita precaria - si trova all'improvviso licenziato affettivamente da Alex. Proprio quando pensava a lei per fermarsi, finalmente.

La carrellata dei licenziati che confidano quanto l'amore dei loro cari sia stato importante per sopravvivere al trauma della perdita del lavoro è la parte più bella del film. Bastava un grammo in più per andare sul sentimentale e invece tutto è perfettamente credibile, con dialoghi e volti "veri", da candid camera.

Qui avviene il ribaltamento completo dei significati: Ryan, il bello che volando ha accumulato 10 milioni di miglia, viene risucchiato nella sua solitudine, ormai non più scelta, ma subita; gli impiegati licenziati non hanno più il loro lavoro, ma la rete di affetti che li circonda, li protegge e fa sentire loro che c'è ancora un senso nella loro vita.

Come dire: sei già importante, se hai qualcuno che la sera ti aspetta a casa.
Una rivoluzione nella cultura americana. Ma è solo un film.
Anche se girato con ironia e con una pregevole colonna sonora.

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