giovedì 30 dicembre 2010

On. D'Alema, questo è troppo

"Dobbiamo tornare alla politica, quella vera. Una certa idea di apertura alla società civile ci ha portato i Calearo e gli Scilipoti"

Quando ho letto questa risposta di D'Alema alla domanda su quale fosse la missione del PD, ho finito la lettura dell'intervista su L'Unità e iniziato a scrivere questa lettera.

Perché faccio parte della "società civile".
Di un'associazione (Libertà e Giustizia) che come altre s'impegna per aumentare la consapevolezza dei cittadini, perché il Paese soffre da tempo di una siccità informativa, che genera disinformazione e indifferenza, l'humus ideale per il populismo.

Organizziamo incontri con esperti, andiamo nelle scuole con i magistrati per far amare la nostra Costituzione; nelle piazze e nei mercati per fare quella che un tempo si chiamava "contro-informazione" scrivendo volantini in modo chiaro, così che anche le persone più semplici possano capire che la politica non è una faccenda di pochi, ma di tutti.

In questa azione di supporto ai partiti - che riteniamo un patrimonio costituzionale della democrazia - ci mettiamo tempo e impegno.
Non abbiamo mai chiesto niente, convinti che fare qualcosa per migliorare il nostro Paese sia giusto e basta.

Ma chiedo a lei, On. D'Alema, di non mancare di rispetto a quanti svolgono volontariato politico nella "società civile"; di non considerarla ancora qualcosa di separato dai partiti e da cui guardarsi, perché da lì arrivano i traditori.

No, onorevole D'Alema. Questo è troppo.

Se lei non ha previsto il danno che avrebbe provocato questa sua frase, credo che la sua sensibilità politica sia insufficiente ad ampliare il consenso del PD.

lunedì 27 dicembre 2010

Monouso

Penso che l'unico modo per rimuovere la frana Berlusconi, che occupa e blocca la politica italiana, sia cambiare la legge elettorale.
Con un "governo monouso" che abbia questo unico obiettivo.

Che veda insieme tutte le forze della Costituzione - Berlusconi e Bossi l'hanno oltraggiata - per ripristinare un equilibrato sistema democratico, compromesso oggi soprattutto dall'abnorme premio di maggioranza.
L'estrogeno che gonfia la minoranza con più voti in un gigante, libero di abbandonarsi ad atti di bullismo parlamentare (le pseudo-riforme brandite dal premier contro chi gli parla di uguaglianza).

Non sono d'accordo con chi dice "già che ci siamo" affrontiamo anche le altre emergenze (lavoro, fisco, scuola, laicità...). Intendiamoci, non perché questi problemi non siano urgenti. Anzi. Ma solo perché alcune posizioni sono inconciliabili.ora e lo sarebbero anche in un "Governo della Costituzione"

Confondere soluzioni di metodo (legge elettorale) con quelle di merito (emergenze) è il modo migliore per rimanere divisi.

E fermi.

lunedì 13 dicembre 2010

Mattarelum?

Nel recente incontro dei Viola, sono stato invitato a parlare di legge elettorale in rappresentanza di Libertà e Giustizia.
Ho detto che l'obiettivo rimane una legge nuova e condivisa, ma per non passare troppo tempo per definirla mentre vige questa legge, occorre l'umiltà e la lungimiranza di tornare - intanto e rapidamente - al mattarellum.

Il problema infatti non è solo il blocco delle liste e la nomina dei parlamentari, quanto il premio di maggioranza.
Che trasforma una minoranza in una superpotenza parlamentare con il 55% dei deputati.
Allora è bene dirci che se perdiamo le elezioni, perdiamo la Costituzione.

B. non solo sverserebbe leggi ad personam nelle falde del sistema giuridico, ma diverrebbe Presidente della Repubblica.

Con conseguenze nefaste.
Come il potere di nomina di un terzo dei giudici costituzionali (per giudicare la costituzionalità delle leggi in suo favore); la presidenza del Consiglio Superiore della Magistratura (in modo da condizionare la nomina e rimozione dei giudici scomodi).

Ecco perché mi sono scontrato con Pannella, che di fronte a questo baratro, si attarda su partitocrazia e berlusconismo.
Cambiare questa legge elettorale prima delle prossime elezioni non è una priorità, è un'emergenza

giovedì 14 ottobre 2010

Shalom

Sono a Tel Aviv per lavoro e la sera decido di andarmi a tagliare i capelli, come faccio di solito quando sono all'estero per fare due chiacchiere sulla situazione locale.

Dopo lo shampo la butto là: me ce la fa Israele a fare la pace con l'appoggio di Obama? Il ragazzo che parla un ottimo inglese smette di strapazzarmi la testa con l'asciugamano e mi fissa pensoso attraverso lo specchio.
"No, non ce la faremo neanche stavolta. I violenti sono troppo forti da tutte e due le parti: Hamas di là e Ortodossi di qua"

Forse fermando gli insediamenti israeliani nei territori palestinesi si potrebbe dare una possibilità importante alla pace.
"Forse sì, ma ormai noi israeliani viviamo una paura costante che è diventata una depressione collettiva a bassa intensità, anche se la vita continua".

E allora?
Quando hai poca speranza, hai poca politica. E allora spari".
Pago e lo saluto. Lui mi risponde shalom, pace.

Sul treno che porta in città salgono nella stessa fermata decine di giovani in divisa. Scherzano per rubarsi a vicenda i pochi posti liberi, buttandosi gli uni sugli altri. Vicino a me si siede un gruppo di ragazze.
Che stemma è? “Della marina”
Tutte in Marina? “Sì”
Quanti anni avete? “Quasi tutte 18, tranne lei che ne ha 20 e ha quasi finito i due anni di servizio militare che dobbiamo fare, ma per i ragazzi sono tre”.
Vi manca la pace? Smettono di scherzare e nessuna risponde. Sento di aver provocato imbarazzo. Volevo dire questa guerra pesa più a voi giovani, che agli adulti… “Non lo so. E’ sempre stato così. Un po’ moriamo noi, un po’ loro… Nessuno vince, nessuno perde.” “E’ come avere sempre la febbre”, fa un’altra.
Che lavoro vorresti fare? “Non lo so. Mio padre ha un negozio di vini, ma a me non piace stare nel negozio”.
Vorresti andare via da Israele? “Perché?... questo è un bel posto”
Sì, ma non è tranquillo.

La ragazza mi sorride senza rispondermi, rimettendosi lo zaino. Il treno rallenta per la fermata. “Shalom” mi dice andando verso le porte, subito seguita dalle altre.

mercoledì 29 settembre 2010

Credente?

Preferisco Dio alle religioni.

domenica 19 settembre 2010

Rivelino

"I nostri silenzi" (Nuestros silencios) è la mostra che il giovane artista messicano Rivelino ha allestito a Vlla Borghese nel Viale della Magnolie.
10 statue monumentali in bronzo a cera persa hanno tutte la bocca schermata da una placca, che rappresenta il silenzio.

"Ci sono volte - scrive l'artista sul pannello illustrativo - in cui assistiamo ad un ingiustizia e vorremmo dire qualcosa, ma poi non lo facciamo; in cui vorremmo incoraggiare qualcuno, ma stiamo in silenzio" .

Sento una reazione a catena di emozioni e pensieri "politici" che si propaga nella mia testa.

Penso che la maggior parte dell'umanità non può esprimersi liberamente.
E dove c'è questa possibilità, la maggior parte dellle persone non se ne serve.

martedì 27 luglio 2010

Vendola

Leggo che i Giovani Democratici a Torre del Lago hanno invitato la ministra Meloni, ma non Vendola. perché - come dice il loro segretario Raciti - a loro non interessa.

Rispetto la scelta, ma non sono d'accordo.

Con l'approcccio di Vendola si può essere d'accordo o meno.
Ma è certamente una persona che ha innovato il PD veramente, cioè tramite il conflitto (primarie) con chi non lo reputava adatto.
La sua energia "innovatrice" dovrebbe incuriosire soprattutto i giovani, perché l' "impudenza del nuovo" è la qualità più bella che hanno.

Qui invece vedo troppa prudenza.
Non verrei che nell'intento di formare una nuova classe dirigente, ci trovassimo una nuova classe diligente.

venerdì 25 giugno 2010

Lega ladrona

Dopo anni di "Roma ladrona", ora sono in molti a gridare "Lega ladrona".
Perché la vicenda Brancher è un vergognoso furto di uguaglianza.

Dove la Lega non ha fatto nulla per impedire che Brancher fosse posto al riparo dalla legge, con l'invenzione di un ministero fasullo e il "legittimo impedimento" che il neo-ministro ha usato un minuto dopo.

Ma di questo abuso Bossi non vuole dire nulla.
E quindi il giornale La Padania ai suoi lettori non dirà nulla.

Ma la Lega sbaglia a sottovalutare l'opinione pubblica.
E magari a pensare che basti un fazzoletto verde per coprire questa vergogna.

lunedì 7 giugno 2010

Pastorelli

Il fatto che la Madonna sia apparsa sempre a pastorelli - e mai a laureati - m'insospettisce...

Decreto Pamplona

Per le aziende, illimitata fiducia e nessun impedimento.
Per le intercettazioni, limitato periodo - 75 giorni - e impedimenti di tutti i tipi: autorizzazioni da richiedere nel tribunale di distretto, non ad uno ma a tre giudici e proroghe ogni due (due!) giorni.

Ma c'è di più.
Per far capire che i magistrati sono "cattivi" bisogna punirli con profondi tagli di stipendio, così se protestano, fanno pure la figura di essere loro la "casta".

Mentre questo Governo e il suo capo (la Lega è occupata con il federalismo estetico di Miss Padania) si vendicano contro chi insiste a considerare la legge ancora "uguale per tutti", a rimetterci sarà la sicurezza di noi cittadini.

Senza la protezione delle intercettazioni, infatti, l'Italia diventerà un'enorme Pamplona, con i tori della delinquenza liberi di scorrazzare e noi cittadini onesti a scappare per non essere incornati.

E' la privacy (dei delinquenti), bellezza!

domenica 16 maggio 2010

Condono

Con un condono, lo Stato vende le sue regole.
La sua autorevolezza.

E' il giubileo dei furbi.
Passa un messaggio che disgrega ogni comunità: quello per cui i fessi rispettano la legge, mentre gli scaltri se la comprano.

Così, con un semplice versamento, ognuno può farsi la propria "legge ad personam".

Quando un popolo - ad iniziare da chi lo governa - non ha più fiducia nelle proprie leggi, ogni atto illecito diventa un normale gesto di realismo.
Indotto del "così fan tutti".

Le regole difendono i deboli.
La sinistra - e il PD che ne è la forza maggiore - se vuole difendere i deboli, deve difendere le regole.

venerdì 14 maggio 2010

Anemone

Considerata la lunga lista dei coinvolti nel caso Anemone, vorrei proporre un paio di'azioni riparatorie a favore delle tante persone che si proclamano perseguitate da questo presunto molestatore finanziario, che si è divertito a mettere in imbarazzo mezzo mondo politico, senza che i malcapitati sapessero nulla.

Prima: Via Fagutale dovrà chiamarsi Viale Martiri dell' Insaputa.

Seconda, al centro di tale strada si dovrà erigere un monumento al Versamento Ignoto, con tanto di monito a futura memoria:

"A perenne ricordo degli ignari politici caduti,
affinché più nessuno accetti soldi dagli sconosciuti"

sabato 1 maggio 2010

Hopper

C'è silenzio nei quadri Edward Hopper.
Il gelo della solitudine delle sue atmosfere cerca sempre un raggio di sole con cui scaldarsi.

Le persone ritratte sono manichini immobili. Che non si guardano mai tra loro.
Non stilizzati come in De Chirico, ma con la stessa funzione simbolica, che supera e assorbe ogni rappresentazione reale.

Le visioni di pompe di benzina, locali al neon, stanza disadorne, sono nature morte urbane.

C'è molto narcisismo malinconico nelle tele in mostra a Roma.
Quello di un artista che non vuole comunicare attingendo da emozioni, ma che sfida l'attenzione dell'osservatore usando il quotidiano, l'ovvio, l'evidente, benché elaborato nello sforzo di distillare dal reale l'essenza dei vuoti.

Eppure, è proprio questo il fascino di Hopper, la sua non appartenenza a movimenti artistici, né a filoni stilistici, diventa la calligrafia inconfondibile di chi provoca emozioni fortissime per sottrazione.

Non c'è nulla di cui compiacersi nei suoi quadri. Se non l'estetica abrasiva dell'introversione.

Se il PD uscisse...

Mi ha fatto piacere vedere Bersani affermare che il PD sta con i lavoratori.
E' un'idea forte, per troppo tempo data per scontata.

Mi fa ancora più piacere vedere L'Unità che "esce" dalla sua redazione, per incontrare i terremotati,disoccupati, cassaintegrati e per questo riceve giustamente un grande gradimento.

Ecco, vorrei che il PD s'impegnasse ad "uscire" di più.

Per esempio, volantinando non solo in campagna elettorale, ma soprattutto per affermare tra le persone la sua posizione - di denuncia o sostegno - in stretto collegamento con la cronaca politica.

Magari con la presenza in un parco di parlamentari con un megafono, sopra una sedia, che ritrovano il gusto dei comizi per 15 persone e poi volantinano a fianco di militanti.

Ecco, questo sarebbe veramente il segnale, tanto atteso, che il PD si sta rinnovando.

sabato 17 aprile 2010

Tele-elezioni

Mettiamocelo in testa: in Italia senza televisioni non si vincono le elezioni.
E' là che si crea una parte importante - anzi decisiva - del consenso.

Servirebbe un'allenaza tra partiti e movimenti che accantonasse le mille differenze per perseguire insieme un solo scopo: rimuovere il monopolio Mediaset.

Altrimenti nessun altro partito - che non sia quello di Berlusconi e dei suoi alleati - potrà riprendersi il sostegno degli italiani che non leggono il giornale. La stragrande maggioranza.

La cosa è urgente.

Perché chi manipola una fetta così grande di opinione pubblica, se anche dovesse perdere le elezioni, potrebbe invocare il broglio (tipo liste del Lazio, per intenderci) e scatenare con le sue tv (appunto) una situazione simile a quella della Thailandia, con le strade piene delle camicie rosse dei sostenitori di Thaksin Shinawatra.

Che guarda caso possiede una televisione...

lunedì 12 aprile 2010

Basilicata, coast to coast (film)

Ci siamo persi e così ci siamo trovati.
Io che cercavo di andare a vedere un altro film (ma sono arrivato alla cassa in ritardo...)
Loro che decidono di andare a piedi a Scansano Jonico per suonare...

Basilicata, coast to coast è un film che mi è veramente piaciuto (e che consiglio) per la sua originalità (e una fotografia della campagna lucana da mozzare il fiato).

Il gruppo di amici sgangherati suona alle feste di paese per vincere la noia della routine, finché non decide d'iscriversi al festival di Scansano.

Appena saputo che sono stati accettati, decidono di unire emozione a emozione, caricando tutto su un carro tirato da un paziente cavallo, per andare a piedi fino alla meta.

Una giornalista fallita (Mezzogiorno) viene incaricata di filmarli e lei lo fa controvoglia, finché non viene la sua depressione non viene espugnata dalla loro ingenuità.

Nelle stradine interne, tra splendidi paesaggi, si dipanano storie di vita, di delusioni, di sapori in un'atmosfera minimalista, da picari di terra.

Il fascino della pellicola è nei suoi contrappunti: la lentezza della marcia che si stacca dalla frenesia quotidiana; l'autenticità delle relazioni che risalta sugli atteggiamenti fasulli di chi vuol sembrare quello che non è; la solitudine dei luoghi rispetto al traffico consueto; il ritardo come metafora anti-competitiva, tra falò notturni e temporali estivi.

Tutti bravi - ad iniziare da Papaleo - che ha anche partecipato alla scenggiatura.
Alessandro Gasman - attore fasullo e perdente reale - in quel mucchio vagante ricorda l'armata Brancaleone del padre.

Alla fine arrivano a Scansano, ma in ritardo...

Ma il tempo che sembra perso, si rivela un unguento prezioso, che con la sua lentezza risana le ferite di tanti.
E l'occasione che sembra persa, è il premio che nel rovesco della storia, spetta solo a chi arriva ultimo.

sabato 20 marzo 2010

Celibato e Eva

Il celibato imposto della Chiesa cattolica è il prodotto di un'atavica ostilità nei confronti della donna.
Già nel Vecchio Testamento, l'orrenda storia di Eva che tenta Adamo e provoca la cacciata dal paradiso, è di una violenza sconcertante nei confronti della donna, considerata per secoli elemento di disturbo nel percorso virtuoso dell'umanità.

Così, non solo si proclama la sessualità come forza avversa alla santità, ma se ne addossa la "responsabilità" alla donna.
E' lei che evoca desideri impuri e quindi va sottomessa, allontanata o persino bruciata, come accade nell'ignobile olocausto delle "streghe".
Quindi, è ovvio che alla donna sia precluso il sacerdozio; così come il matrimonio a un sacerdote: la tentatrice deve stare a distanza di sicurezza dal sacro.

Da credente, aspetto che la Chiesa risarcisca la donna di tutti i torti che le ha imposto per secoli, aprendo al sacerdozio femminile e consentendo a tutti i religiosi di sposarsi.

Tutti noi credenti dovremmo batterci per la riabilitazione di Eva e la soppressione dell'ignobile passo del Vecchio Testamento che la discrimina.
E invece ringraziarla, perché ha avvicinato l'uomo all'albero della conoscenza, cioè alla cultura che porta consapevolezza, libertà, amore vero.

Perché un paradiso dove è vietata la conoscenza, è un covo di ottusi ubbidienti.
Sempre pronti a nuovi roghi.

domenica 28 febbraio 2010

Democrazia 2

Vivere un ideale in modo estremo è una scelta sterile, anche se l'esaltato si sente avvolto in una dimensione eroica.
I cultori del "tutto o niente" qusi sempre si ritrovano in un eroico niente.

Per non parlare dell'eroismo premeditato, pericolosissimo.
L'eroe, infatti, cerca la morte che lo consacri.

Virando in politica, mi piace molto quello che mi ha detto Gustavo Zagrebelsky - ex presidente della Corte dei Conti - poco tempo, quando abbiamo parlato di poltica.

"La Democrazia non ha bisogno di atti eroici per funzionare, ma di normalità. Ovvero di persone che ogni mattina si alzano e fanno il loro dovere, nel rispetto degli altri".

Coro

Molti si vantano di essere fuori dal coro.
In realtà, ci stanno lo stesso, ma sono stonati.

domenica 21 febbraio 2010

Finirà

"Quando finirà? ci chiedavamo noi giovanissimi antifasciti. Perché tutto inizia e tutto poi ha una fine, è nelle cose. E quindi anche il Fascismo dovrà finire, ci dicevamo".

Il mio anziano amico cercava d'incoraggiarmi così, quando gli dicevo che il berlusconismo mi sembrava durasse da un'eternità.

"Guarda, quando si seppe che il Fascismo era finito, ci fu un casino enorme, ma sembrava che l'Italia avesse vomitato il boccone avvelenato che girava nella sua pancia da vent'anni. Eravamo stravolti, ma finalmente liberati da quel peso.
"Vedrai, anche il berlusconismo finirà. L'italia dovrà vomitare ancora, magari senza quelle violenze, ma con conati e dolore di chi l'ha sostenuto e invece di punirsi per l'errore, proietterà la sua frustrazione nel rifiuto del suo modello e alla fine si libererà.
"Ci si arrende quando ci si adegua. Noi non abbiamo mai considerato normale il fascismo. Ecco, è questo il segreto per resistere: neanche adesso dobbiamo considerare normale questo berlusconismo. E vedrai che finirà".

Franco, io non m'adeguo. Come hai fatto tu per tutta la vita.

domenica 14 febbraio 2010

Tra le nuvole (film)

Ryan (Clooney) è un sicario aziendale di lusso: comunica i licenziamenti ai dipendenti per conto di grandi aziende. E siccome c'è la crisi, viene mandato da un capo all'altro degli USA per "tagliare teste".

Il suo cinismo e l'uso accurato di parole anestetiche per dare la peggiore notizia che un americano vorrebbe apprendere, ne fanno un professionista molto ricercato.

Il montaggio è micidiale e la sequenza delle reazioni dei dipendenti nel sapere che sono stati licenziati prende lo stomaco. "Dopo 26 che lavoro qui, non mi potete fare questo... Come lo dirò ai miei figli... Che ho fatto di sbagliato?..."

Sì, è un film. Ma a me vengono in mente i lavoratori del Sulcis, della Fiat, quelli sui tetti, i cassaintegrati, i ricercatori della Glaxo. E m'irrigidisco sulla poltroncina.

Ryan si vede con una donna, Alex. Anche lei sempre in giro per lavoro. Quando le loro rotte s'incrociano, fanno l'amore in albergo. Ma niente di più: libero lui, libera lei.
La citazione di Lost in translation non è evidente, ma la destrutturazione "alberghiera" del contesto è simile.

Una nuova assunta, la giovane Anna, sembra più cinica di lui. E propone al capo comune di dividere il lavoro per zone, facendo paventare a Ryan che non andrà più così spesso in aereo, ormai l'unico luogo dove si senta a casa.
La competizione li contrappone, ma il capo li abbina, costringendolo a farle da istruttore.

Il matrimonio della sorella, costringe Ryan a ritornare a casa. Allora propone ad Alex di accompagnarlo, quasi per resistere meglio insieme allo squallore della situazione.

La festa nuziale sembra fallire per un imprevisto, ma Ryan lo risolve brillantemente, ricevendo affetto e riconoscenza dalle sorelle, che per quel gesto lo ritrovano come fratello.

Quella parentesi di "normalità" però, s'insinua nell'orologeria perfetta del suo cinismo e inizia a sfasarlo. Finché, nel mezzo dell'ennesimo convegno motivazionale, Ryan sente perfettamente il primo "vuoto d'aria" della sua vita, molla tutto e corre da Alex senza neanche preavvisarla.

Il film - già con un ritmo incalzante - da qui inizia a correre, a precipitare.
E lui - che pensava che un buon lavoro fisso potesse rendere eccitante una vita precaria - si trova all'improvviso licenziato affettivamente da Alex. Proprio quando pensava a lei per fermarsi, finalmente.

La carrellata dei licenziati che confidano quanto l'amore dei loro cari sia stato importante per sopravvivere al trauma della perdita del lavoro è la parte più bella del film. Bastava un grammo in più per andare sul sentimentale e invece tutto è perfettamente credibile, con dialoghi e volti "veri", da candid camera.

Qui avviene il ribaltamento completo dei significati: Ryan, il bello che volando ha accumulato 10 milioni di miglia, viene risucchiato nella sua solitudine, ormai non più scelta, ma subita; gli impiegati licenziati non hanno più il loro lavoro, ma la rete di affetti che li circonda, li protegge e fa sentire loro che c'è ancora un senso nella loro vita.

Come dire: sei già importante, se hai qualcuno che la sera ti aspetta a casa.
Una rivoluzione nella cultura americana. Ma è solo un film.
Anche se girato con ironia e con una pregevole colonna sonora.

sabato 6 febbraio 2010

Laila



Laila stira e piange.

Che succede?.. perché piangi? faccio entrando in cucina.
"E' da ieri pomeriggio che mi viene da piangere.. io ormai ho 40 anni e non ho figli... non ho una familgia.. e tra poco sarò vecchia e non potrò più avere figli..."

Laila sta con noi da parecchio tempo, è del Marocco, seria e perfezionista. Deve pulire come dice lei, perché per lei fare le cose bene è un onore.
"Ieri sono tornata a casa e ero sola. Ho cucinato qualcosa anche se non avevo fame. Mi sono addormentata sul divano con un peso di tristezza qui, sullo stomaco... Io sono stata fortunata, lo so. Ho una casa, un lavoro, il mio preziosissimo permesso di soggiorno..."

Laila calmati dai, non piangere. Ti faccio un thé caldo..
"...ma poi non trovo il senso di tutti questi miei sacrifici, perché non ho figli".
Ecco, bevi..

"Ma io lo so che devo fare... (mi preoccupo di qualche idea insana) devo telefonare ai miei parenti del Marocco e farmi combianre un matrimonio, poi vado giù e mi sposo".

Così?... senza conoscere prima il tuo futuro marito?.. senza amarlo?
"L'amore viene con il tempo. Anche i miei genitori non si conoscevano quando le loro famiglie si sono accordate per farli sposati, eppure sono stati insieme per tutta la vita. L'importante che il marito lavori e dia i soldi alla famiglia. Se il marito è bravo, la famiglia è serena".

E la moglie?
"Le donne sono sempre brave, faticano sempre. Da piccole, per la loro famiglia; da grandi, per la loro nuova famiglia. Dalla mattina alla sera, senza mai lamentarsi".

E sono felici?
"La felicità è una cosa stupida. La cosa importante è essere in pace. Sapere che tutto quello che fai ha un senso. Ed è importante anche essere in compagnia di altre donne. Noi diciamo che la compagnia è una consolazione: si dice anche qui in Italia?"

domenica 31 gennaio 2010

Eternità

Questa mania per la cremazione mi preoccupa.
Non ne faccio una questione religiosa, ma di tempi.
Infatti, mentre è una pratica molto comoda e igienica sulla terra, si rivelerà un problema nell'aldilà.

Già occorrerà aspettare il Giudizio universale, che si preannuncia molto laborioso per il tentativo di alcuni di pretendere clemenze ad animam, a cui opporrà - in caso di rifiuto - reiterati ricorsi al TAR (Tribunale dell'Altissimo Redentore).
Se a tutto questo ci aggiungiamo anche il tempo necessario alla risurrezione di quelli che hanno fatto spargere le loro ceneri (e che occorrerà ritrovare granello per granello), il tutto sarà lunghissimo.

A consolarmi è il pensiero che ci sarà l'eternità, che è sempre un periodo difficile da trascorrere tenedosi occupati.

mercoledì 27 gennaio 2010

Fortunato

Io non sono ebreo,
ma mi sento ebreo quando penso alla sofferenza dell'Olocausto.

Io non sono palestinese,
ma è come se lo fossi se guardo alla sofferenza di un popolo dimenticato a Gaza

Io non sono una donna
ma soffro per le violenze e le umiliazioni che ancora le donne devono subire.

Io non sono perseguitato,
ma impegno il mio tempo per rimuovere le ingiustizie.

Sono un uomo fortunato,
perché ho ricevuto amore e cultura.

Perché capisco il dolore.

domenica 24 gennaio 2010

Matteo Ricci

In Cina arriva per convertire, ma amodo suo.
Usando pazienza, rispetto e la sua sterminata cultura.

Il gesuita Matteo Ricci (a cavallo tra XVI -XVII sec.) di cose ne sa parecchie.
E la mostra che lo ricorda (Vaticano - Braccio di Carlo Magno) le elenca con dovizia.

Le vetrine sono una sequenza di appunti sulla lingua (che lui apprende con facilità), strumenti ottici, astrolabi armillari, compassi; e carte geografiche, che per il tempo hanno un'approsimazione notevole.

Dopo essere sbarcato in India, a Goa, Padre Ricci inizia una lunga marcia di avvicinamento verso Pechino, quando l'accesso in Cina era quasi impossibile.

A piccoli passi, arriva fino alla corte dell'imperatore, guadagnandone subito la considerazione grazie ai doni di conoscenze che offre, apprezzatissimi dagli studiosi di corte, ghiotti di novità.

Ricci usa anche qualche "effetto speciale": dicono le cronache, infatti, che spesso stupiva l'intera corte memorizzando numerosi ideogrammi, che poi scriveva non solo esattamente, ma nella stessa sequenza con cui gli erano stati proposti.

La parte più interessante per me di questo uomo è il suo approccio amichevole verso la cultura del posto. La sua predicazione si fonda non sulla sostituzione brutale delle usanze tradizionali con le pratiche cattoliche, ma procede con pazienza per armonizzare le due dottrine, individuando tutte le compatibilità possibili.

Del resto, occasioni di intersezioni con il Cristianesimo, il Confucianesimo ne offriva molte e così Padre Ricci rimodula il Vangelo seguendo l'antropologia locale.
Per esempio, importa il simbolo del bambù nel Cristianesimo, con le stesso significato confuciano di forza e resistenza alle avversità e lo fa ricamare nei sui paramenti.

Il risultato di questa autentica volontà di incontro è la conversione convinta di molti cinesi, poverissimi come appartenenti alla corte.

Come accade spesso, però, gli uomini illuminati sono bersaglio dei gretti.
E la curia vaticana dell'epoca non fa eccezione.

Padre Ricci viene criticato, anche duramente per non aver "imposto la verità".
Ma anche in questo caoso, la sua paziente tenacia ha la meglio.

Il Vaticano arriva alle stesse conclusioni con appena 300 anni di ritardo, quando il Concilio Vaticano II approva - anzi promuove - la così detta "inculturazione", cioè proprio il proselitismo missionario rispettoso, seguito da Matteo Ricci.

All'uscita, vedo sulla parete un drappo dell'epoca di una "madonna cinese" con tanto di bambinello con gli occhi a mandorla.

Mi colpisce la sua dolcezza.
E la distanza dell'eco di ritorno di un'immagine così familiare.

sabato 16 gennaio 2010

La prima cosa bella (film)

La nostalgia va saputa maneggiare.
E' come la panna: ingentilisce, ma copre.

Virzì nel suo ultimo film "La prima cosa bella" di panna ce ne mette parecchia, ma senza coprire troppo: nostalgia per la sua Livorno, le canzoni della sua giovinezza, il tempo che porta via le persone, lasciandoci solo il profumo della loro presenza.

Una madre troppo bella per vivere una vita normale, è costretta a fuggire con i suoi due amati figli da un tetto all'altro; da un uomo all'altro.

Ma nonostante tutto, si sforza per far vedere sempre il lato positivo delle cose, quello che il figlio, una volta diventato un insegnate (l'ottimo Mastandrea), non sa più vedere e che compensa con fumo e alcol.

Livorno torna a mostrarsi popolare e vitale - così come l'avevamo lasciata in Ovosodo.
Tutto - negli anni 60 e 70 - sembra ingenuonuo: le auto, le canzoni, i vestiti; persino i colori "pastellati" da polaroid delle scene.

Raccontare una storia è il pretesto per raccontare la sua fine, la cosa più importante della storia. Perché è il momento del senso, dei rimorsi, delle verità.

Una tempesta perfetta di sentimenti che si alza nell'ultima scena, con il crescendo della canzone e delle parole "...la prima cosa bella...che ho avuto dalla vita... "

E un bagno in mare.
La grande placenta, dove si torna feti felici ancora al riparo dalla nostalgia.

Giovani

Nel PD c'è un "equivoco giovani".

Per me giovani sono quelli che vogliono cambiare il mondo, che s'impegnano in battaglie di rinnovamento della società e del partito.
Insomma che lo spazio se lo guadagnano con iniziative, senza chiedere "quote" a nessuno.

Oggi, invece, vedo tanti vecchi trentenni, con anni di diligente "giovanile" sulle spalle, perfettamente conformi e che avanzano per scatti d'anzianità.

Se poi guardiamo i loro curricola la situazione diventa malinconica: ragazzi "maturi" che raramente hanno un titolo di studio o una professionalità (anche se alcuni, soprattutto donne, possiedono una preparazione ottima), ma che hanno sempre nuotato nelle acque tiepide dell'acquario di partito.

Quindi, sono molto contento per la candidatura della "giovane Bonino", con le sue cicatrici politiche e la sua intatta voglia di cambiare il mondo.

sabato 2 gennaio 2010

Istanbul

San Salvatore in Chora è una chiesa fuori dalle rotte turistiche di Istanbul, proprio perché fin dalla sua costruzione era "in chora", in campagna appunto.

Andiamo (tutta la famiglia) con i mezzi pubblici.
Uno, perché sono più divertenti di un taxi; secondo, perché il tram va come un missile nella sua bella corsia preferenziale, tagliando un traffico coagulato. Terzo, perché credo che se prendi un autobus in una città, non sei più uno straniero.

Scesi dal tram moderno e europeo, dobbiamo prendere la coincidenza di un minibus, uno "scarcassone" di almeno 30 anni ad uso dei residenti nella periferia , che solo la benevolenza di Allah e la tenacia dei turchi riescono a far camminare ancora.
Parlando in turco, l'autista senza qualche dente per sopraffare il rumore del diesel ci indica la strada a voce altissima.
La prendiamo e vediamo subito che la periferia e molto diversa dall'Ippodromo di Sultanahmet: panni stesi, buche, due gatti che si accoppiano in un cantiere con gli operai che ridono, ma senza imbarazzo, quasi con benevolenza.
Un gallo su un cartello attira la nostra attenzione e così scopriamo che (scritto a mano) quella è proprio l'indicazione della chiesa.

L'esterno è bellissimo e conservato decorosamente, data la sua veneranda età (sec.XI).
Ma è dentro che siamo letteralmente sopraffatti dalla pioggia delle immagini degli splendidi mosaici del soffitto e delle pareti.
Un racconto per fotogrammi bizantini, che narra tutta la storia di Maria ad iniziare dalla sua nascita.
E qui, c'è una vera e propria rarità: la madre Sant'Anna è ritratta con l'utero ancora dilatato dal parto e le acque che ne escono. Un realismo e una naturalezza nel trattare la nascita che non avevo mai visto prima e che mi dicono non ha pari in nessuna altra chiesa al mondo.

Passiamo da un locale ad un altro sempre a testa in su, a costo di rischiare un crampo al collo, fino a sbattere sull'immagine del magnifico ritratto di Cristo.
Un volto potente e palestinese, ben lontano dal biondo e ceruleo personaggio raffigurato nei santini che ci davano le suore al catechismo.

Una gruppo di anziani tedeschi ci pedina. Li osservo e spesso i nostri sguardi s'incrociano in sorrisi accennati e reciproci. Li ammiro, perché alla loro età (non credo ce ne fosse uno con meno di 80 anni...) vogliono ancora conoscere nuove, alla faccia dei dolori alle gambe e della prostata.

Torniamo in albergo esausti, ma io indugio un po' in strada e - approfittando della solitudine - mi concedo una ghiotta imprudenza. Compro da un venditore ambulante un "simit", una ciambella al sesamo. Lui si sforza di mantenere un contegno igienico e mi prende la ciambella con un tovagliolino, pago la mia lira (pari a circa 46 centesimi) e finalmente l'assaggio. Sarà la fame della camminata o la fragranza del sesamo, ma l'ho trovata buonissima!

A cena ci infiliamo in un ristorante senza pretese, pieno di persone locali impegnate con enormi piattoni di carne e verdure.
Con la solita sensazione di una puntata alla roulette, attacco il dito su una riga a caso del menù, ordinando un piatto con un nome che è un tamponamento a catena tra molte consonanti e poche vocali. Arriva un misto di verdure, carne e l'immancabile peperone verde alla griglia di 30 centimetri.

Andiamo a dormire con la sensazione di essere in una città ospitale e rilassata.
Penso all'ingresso della Turchia in Europa e mi sembra che non sia un azzardo, pur se con la necessità di compiere ancora qualche sforzo ancora
I pensieri si squagliano in sogni, mentre mi copro con le lenzuola che profumano di bucato asciugato al sole.