domenica 24 gennaio 2010

Matteo Ricci

In Cina arriva per convertire, ma amodo suo.
Usando pazienza, rispetto e la sua sterminata cultura.

Il gesuita Matteo Ricci (a cavallo tra XVI -XVII sec.) di cose ne sa parecchie.
E la mostra che lo ricorda (Vaticano - Braccio di Carlo Magno) le elenca con dovizia.

Le vetrine sono una sequenza di appunti sulla lingua (che lui apprende con facilità), strumenti ottici, astrolabi armillari, compassi; e carte geografiche, che per il tempo hanno un'approsimazione notevole.

Dopo essere sbarcato in India, a Goa, Padre Ricci inizia una lunga marcia di avvicinamento verso Pechino, quando l'accesso in Cina era quasi impossibile.

A piccoli passi, arriva fino alla corte dell'imperatore, guadagnandone subito la considerazione grazie ai doni di conoscenze che offre, apprezzatissimi dagli studiosi di corte, ghiotti di novità.

Ricci usa anche qualche "effetto speciale": dicono le cronache, infatti, che spesso stupiva l'intera corte memorizzando numerosi ideogrammi, che poi scriveva non solo esattamente, ma nella stessa sequenza con cui gli erano stati proposti.

La parte più interessante per me di questo uomo è il suo approccio amichevole verso la cultura del posto. La sua predicazione si fonda non sulla sostituzione brutale delle usanze tradizionali con le pratiche cattoliche, ma procede con pazienza per armonizzare le due dottrine, individuando tutte le compatibilità possibili.

Del resto, occasioni di intersezioni con il Cristianesimo, il Confucianesimo ne offriva molte e così Padre Ricci rimodula il Vangelo seguendo l'antropologia locale.
Per esempio, importa il simbolo del bambù nel Cristianesimo, con le stesso significato confuciano di forza e resistenza alle avversità e lo fa ricamare nei sui paramenti.

Il risultato di questa autentica volontà di incontro è la conversione convinta di molti cinesi, poverissimi come appartenenti alla corte.

Come accade spesso, però, gli uomini illuminati sono bersaglio dei gretti.
E la curia vaticana dell'epoca non fa eccezione.

Padre Ricci viene criticato, anche duramente per non aver "imposto la verità".
Ma anche in questo caoso, la sua paziente tenacia ha la meglio.

Il Vaticano arriva alle stesse conclusioni con appena 300 anni di ritardo, quando il Concilio Vaticano II approva - anzi promuove - la così detta "inculturazione", cioè proprio il proselitismo missionario rispettoso, seguito da Matteo Ricci.

All'uscita, vedo sulla parete un drappo dell'epoca di una "madonna cinese" con tanto di bambinello con gli occhi a mandorla.

Mi colpisce la sua dolcezza.
E la distanza dell'eco di ritorno di un'immagine così familiare.

Nessun commento: