sabato 16 gennaio 2010

La prima cosa bella (film)

La nostalgia va saputa maneggiare.
E' come la panna: ingentilisce, ma copre.

Virzì nel suo ultimo film "La prima cosa bella" di panna ce ne mette parecchia, ma senza coprire troppo: nostalgia per la sua Livorno, le canzoni della sua giovinezza, il tempo che porta via le persone, lasciandoci solo il profumo della loro presenza.

Una madre troppo bella per vivere una vita normale, è costretta a fuggire con i suoi due amati figli da un tetto all'altro; da un uomo all'altro.

Ma nonostante tutto, si sforza per far vedere sempre il lato positivo delle cose, quello che il figlio, una volta diventato un insegnate (l'ottimo Mastandrea), non sa più vedere e che compensa con fumo e alcol.

Livorno torna a mostrarsi popolare e vitale - così come l'avevamo lasciata in Ovosodo.
Tutto - negli anni 60 e 70 - sembra ingenuonuo: le auto, le canzoni, i vestiti; persino i colori "pastellati" da polaroid delle scene.

Raccontare una storia è il pretesto per raccontare la sua fine, la cosa più importante della storia. Perché è il momento del senso, dei rimorsi, delle verità.

Una tempesta perfetta di sentimenti che si alza nell'ultima scena, con il crescendo della canzone e delle parole "...la prima cosa bella...che ho avuto dalla vita... "

E un bagno in mare.
La grande placenta, dove si torna feti felici ancora al riparo dalla nostalgia.

Nessun commento: